giovedì 9 settembre 2010

Perché ho scelto Futuro e Libertà per l'Italia

Mi ero ripromesso di non parlare troppo di politica, ma gli eventi recenti me lo impongono.
Molti hanno apprezzato la mia scelta di dimettermi da vice coordinatore provinciale del PDL all'indomani di Mirabello, dicendomi che, pur non condividendo la strada che ho deciso di intraprendere, stavo facendo la cosa giusta, lasciando un incarico in un partito del quale, de facto, non facevo più parte.
Non era una scelta dovuta, come qualcuno, porco argutamente ma maliziosamente, ha fatto notare. Altri, nella mia stessa posizione, non hanno fatto altrettanto, anche se ora Italo Bocchino ha dichiarato che tutti gli aderenti a FLI dovranno lasciare i loro incarichi nel PDL. Mentre tornavamo da Mirabello, ho parlato con i ragazzi che avevano incarichi nel PDL reggiano, ed ho chiesto loro di rassegnare, unitamente a me, le loro dimissioni da quegli stessi incarichi. Non c'è stato nemmeno bisogno di discutere, abbiamo condiviso fin da subito questa impostazione. Ho anticipato i tempi, e ne sono orgoglioso!
Fatta questa premessa, veniamo al sodo.
Perché Futuro e Libertà?
Perché credo che, finalmente, la destra politica italiana abbia compituo il passo decisivo verso l'Europa.
Alleanaza Nazionale è stata una incompiuta, e nemmeno troppo splendida: AN, per come era stata pensata, doveva essere quello che il PDL ha provato ad essere, e cioè il partito degli Italiani (non in senso razziale, ovviamente, ma nell'interpretazione sarkoyziana e cioè che è italiano chi ama l'Italia), un grande partito nazionale, liberale, conservatore, europeo.
Con la nascita di Forza Italia sul finire del 1993, il percorso di AN si arrestò, avendo Berlusconi intercettato una buona parte di quegli elettori che avrebbero potuto appoggiare la costituenda formazione politica di Fini, già da tempo teorizzata da Pinuccio Tatarella.
AN, quindi, si fermò in mezzo ad un guado, non riuscendo a fare l'ultimo e decisivo passo verso una destra moderna ed europea. Fu un peccato, soprattutto perché, in mezzo al guado, si fermò anche parte dell'innovazione politica: si declinavano i valori di sempre, ma non si riusciva, letteralmente, a lanciare il cuore oltre l'ostacolo ed, in particolar modo, non si riusciva ad attualizzare alla realtà, soprattutto a quella futura, il nostro schema di riferimento ideale/valoriale.
Si parlava di immigrazione solo con riferimento alla sicurezza, senza elaborare politiche di più ampio respiro, che prevedessero l'integrazione come fine ultimo. Le parole "respingimento" ed "integrazione" sembravano segnate da un'inevitabile dicotomia, e, così facendo, abbiamo perso l'opportunità di iniziare a pensare l'Italia multirazziale del futuro, illudendoci che l'immigrazione potesse essere fermata. Il nostro errore principale è stato quello di soffermarci sul presente, non riuscendo a comprendere - o non volendo - che se era, ed è tuttora, giustissimo essere inflessibili con chi delinque, avremmo perso, senza nemmeno combatterla, la sfida del futuro, tutta fondata intorno all'integrazione.
Sui temi etici, invece, si era persa di vista la tradizionale visione laica - e non laicista - dello Stato: a prescindere da come la si pensi sui singoli temi (aborto, eutanasia, fecondazione assistita etc.), non è pensabile che lo Stato dica cosa sia giusto o cosa non lo sia. L'Italia non è una repubblica confessionale, ma, vale la pena ribadirlo, uno stato laico, che deve il massimo rispetto alla Chiesa, ma che da essa deve tenersi distinto. Un esempio valga per tutti: sono stato, sono, e sarò sempre contrario all'aborto, ma riterrei un'aberrazione che lo Stato lo rimettesse, come alcuni vorrebberro, fuori legge. Lo Stato, come già accade con la Legge 194 (che, si dica per inciso, andrebbe meglio applicata, ma questo è un altro discorso), disciplina questa dolorosissima materia, e, giustamente, non c'è altro che possa fare. I conti li dobbiamo fare con la nostra coscienza, non è lo Stato che deve sostituirsi ad essa.
Ma c'è un aspetto che, più di altri, Futuro e Libertà riesce a cogliere, e che AN ha solo sfiorato.
Gianfranco Fini, nel corso del congresso di scioglimento di AN, disse che il PDL non sarebbe stato un partito di destra, ma qualcosa di completamente nuovo. Superati gli svenimenti in sala, mio compreso, abbiamo iniziato a ragionare su quella frase, che apriva scenari fino ad allora inediti.
Tramontata l'era delle ideologie, era finalmente giunto il momento di iniziare il tempo delle idee e dei valori, slegati dalla ottocentesca/novecentesca visione destra versus sinistra, nella quale erano relegati.
Non era più il tempo, per dirla alla Jannacci, di Destra-Sinistra, ma si apriva (si sarebbe dovuta aprire) una nuova era.
Il PDL, in buona sostanza, sarebbe dovuto diventare il primo partito post ideologico, e divenire l'archetipo del partito di inizio XXI secolo.
Sfortunatamente per il PDL, e per l'Italia, questa visione dinamica, propulsiva, innovativa di partito, si è incartata su mille problemi, di cui solo pochissimi erano di natura politica. Il resto è storia recente.
Futuro e Libertà, invece, cerca di rompere quegli schemi, quegli steccati ideologici sui quali molti partiti hanno costruito le loro fortune: FLI cerca di cogliere lo spirito più profondo e vero che aveva portato alla creazione del PDL, lanciando una sfida a tutti coloro che hanno il coraggio di immaginare il futuro e che, quotidianamente, cercano di realizzarlo.
Ci sono tante altre ragioni che mi hanno spinto ad abbracciare il progetto di Fini, ma su quelle tornerò nei prossimi giorni, con singole e più dettagliate spiegazioni, sperando, almeno per ora, di aver fatto un po' di chiarezza.

4 commenti:

  1. Grande Tommaso hai fatto la scelta giusta

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  2. bravo Tommy,finalmente hai avuto il coraggio di uscire da un mondo che non ti è mai appartenuto; in bocca al lupo!

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  3. chi ha il coraggio delle proprie azioni è sepre da premiare!!!bravo Tommy

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  4. visto cosa ha poi combinato Silvio,sei stato lungimirante

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