martedì 30 aprile 2013

Pallacanestro Reggiana, grande impresa e (alcuni) tifosi insopportabili

Grande, grandissima la Pallacanestro Reggiana 2012/13 che torna ai play off dopo 14 anni.

Non entro nel merito dell'impresa sportiva e non voglio addentrarmi in confronti con altre grandi formazioni del passato (questa ha una grandissima chimica di squadra, ma giocatori come Mitchell, Bonato, Bryant, Brown etc. oggi non se ne vedono, anche se Taylor ha sprazzi di classe cristallina, come raramente si sono visti in via Guasco), ma vorrei soffermarmi un attimo su parte del pubblico del Pala Bigi.

Domenica abbiamo perso, e male, con una Cremona più in palla di noi e con la mente sgombra, pregiudicando un comunque difficile quarto posto, eppure sugli spalti c'erano persone che ululavano contro Brunner, Menetti, Taylor ad ogni errore.

Premesso che giocatori e staff tecnico hanno subito ammesso di aver sbagliato approccio alla partita, mi chiedo cosa pretendano certi "tifosi" dai nostri giocatori. La squadra si è salvata a metà campionato, è stata ammessa ai play off con tre turni di anticipo sulla fine del calendario, ha il miglior marcaotre della seria A, il quinto miglio rimbalzista, eccelle in numerose voci statistiche, eppure tutto questo non mette al riparo da commenti demenziali da parte di alcuni sedicenti tifosi.

Il pubblico pagante deve sempre essere rispettato ed ha tutto il diritto di esprimere il proprio dissenso, ma vorrei ricordare che quest'anno abbiamo battuto Milano due volte, Cantù, Roma ed altre grandi, siamo ai play off e ce la possiamo giocare con tutti, forse un po' di misura non guasterebbe.

P.S. Sia chiaro, la maggior parte dei tifosi non è così ed ha sostenuto la squadra con il solito affetto, ma quei pochi che si sono comportati così mi hanno proprio fatto girare le scatole...!

venerdì 22 marzo 2013

Partecipazione

Gli amici servono sempre a qualcosa, i miei in particolare.

Ci capita spesso di discutere di politica, in tono sempre molto accesso.

In quei casi ci si dice - anzi, ci si urla - cose allucinanti, tirando fuori il peggio del nostro repertorio. Un secondo dopo, ovviamente, ci si scorda tutto, come è giusto che sia.

Sono sempre dibattiti vivi, accesi, animati, da far invidia ai collegamenti esterni di Formigli, che denotano una passione genuina per la politica ed una profonda attenzione alle dinamiche della società.

Qualche sera fa, mentre commentavamo il voto di febbraio, mi sono reso conto che mancava qualcosa al nostro confronto (non gli insulti, quelli ci sono sempre ed a prescindere da tutto, in fondo ci vogliamo bene in un modo un po' particolare): la speranza.

L'ottimismo e la fiducia li avevamo abbandonati già da tempo, ma avevamo sempre pensato che, da qualche parte, si sarebbero comunque trovate le energie per rilanciare il nostro paese.

Quando ci lamentavamo di un'Italia spezzata politicamente in due, non ci rendevamo conto che la situazione, per quanto pessima, sarebbe presto peggiorata: oggi i grandi blocchi politici sono addirittura tre, più o meno con le medesime percentuali. Fidandoci dei sondaggi (dura, dopo gli ultimi flop, ma tant'è...), centrosinistra, centrodestra e Grillo sono intorno al 30%, e con quel che resta di Monti al 10% il cerchio si chiude quasi alla perfezione.

In questo scenario, che rischierebbe di essere confermato in caso di elezioni anticipate, è evidente che anche la speranza di un colpo d'orgoglio si riduce drasticamente.

Sentire ragazzi di poco più di 30 anni dire di essere pronti ad andare all'estero perché il nostro paese non offre le condizioni minime per costruire qualcosa fa male al cuore. Abbiamo ereditato dai nostri padri il benessere, che potremo offrire ai nostri figli se l'Italia è questa?

Ancora più doloroso, però, è non saper dare una risposta a chi chiede soluzioni per poter uscire dall'impasse attuale.

Tranne una.

Non possiamo più permetterci di essere spettatori di quello che avviene in politica, limitandoci a commentare fra di noi o sui social network. E' ora di fare di più, non si possono più firmare deleghe in bianco.

Non pretendo che ci si spenda in prima persona, ma portare il proprio contributo quello si, è il minimo, se si vuole contribuire a costruire qualcosa.

Vogliamo un cambiamento? Non c'è bisogno di guru e santoni, ma di persone per bene, non imbrigliate nelle pastoie di partiti museali, che sentano la fiducia delle persone ed operino nell'interesse del popolo e non delle segreterie.

Se tutti noi contribuiamo portando un suggerimento, una critica, partecipando ad un'iniziativa, possiamo pensare di invertire la tendenza, impedendo che siano sempre altri, spesso non all'altezza, a decidere per noi, mentre noi assistiamo impotenti.

venerdì 8 marzo 2013

Siamo dei coglioni

Ebbene si, siamo dei coglioni.

Tutti quanti, nessuno escluso, a partire da me.

Eravamo talmente impegnati a difendere una nostra personale idea di destra che non ci siamo accorti che, a forza di discuterne, l'abbiamo consumata del tutto.

Ci siamo (quasi) estinti per consunzione.

Non voglio stare a recriminare, posso parlare solo per me, gli altri, se lo vorranno, potranno fare altrettanto.

Non rinnego le mie scelte, nemmeno una, nemmeno oggi che si sono dimostrate, risultati elettorali alla mano, completamente fallimentari.

Legalità, onestà e libertà di espressione sono fra i valori più importanti sui quali ho cercato di fondare non tanto la mia attività politica, quanto la mia stessa vita: molto semplicemente, mi sembrava che nel PDL le priorità fossero ben altre, e quindi me ne sono andato.

Quello che è successo dopo andrebbe analizzato da uno psicanalista e non da un analista politico. La delusione, anche umana, è stata enorme. Un progetto politico naufragato nella più totale insipienza.

Sorvolo per carità di patria, perché non ho intenzione di recriminare su come sono andate le cose, ma adesso è giunto il momento di ricostruire un mondo che non c'è più.

O, meglio, un mondo che non ha più rappresentanza politica.

Non è una corsa alla ricerca del passato, ma una spinta - disperata - verso il futuro.
Questo paese è da rivoltare come un calzino, ma la demagogia ed il populismo (di tutti, non solo di Grillo) non ci porteranno lontani, dobbiamo ricostruirlo dalle sue fondamenta.

Però dobbiamo farlo insieme, non possiamo frammentarci nell'assurda ricerca, con conseguenti contrapposizioni, delle proposte più cristallinemente di destra.

Dobbiamo parlare ad un popolo, cercando di spiegare perché 50 euro non sono più sufficienti per acquistare nulla o perché se i contratti sono flessibili il mondo del lavoro è ancora statico.

Dobbiamo comprendere che non possiamo affrontare il tema dell'immigrazione con un approccio ideologico, ma pratico, senza alcun pregiudizio.

Dobbiamo aprirci al fatto che la società è radicalmente cambiata, e non si può non parlare di diritti civili.

Dobbiamo ricordarci che la questione settentrionale non è meno importante di quella meridionale, perché il cuore economico della nostra nazione è stato troppo spesso abbandonato a se stesso.

Dobbiamo pretendere una giustizia veramente giusta, preservando in tutti i modi l'indipendenza della magistratura, imponendo che la sua amministrazione avvenga davvero solo in nome del popolo italiano, tenendo fuori la politica.

Su tutti questi argomenti, solo alcuni fra i tantissimi di cui si potrebbe discutere, ho una mia personale posizione, ma adesso non voglio parlarne: oggi voglio solo dire che dobbiamo affrontare questi temi senza dogmatismi, pensando che la la loro risoluzione non potrà che portare giovamento all'Italia.

L'alta politica è l'arte del compromesso, inteso come mediazione non di interessi ma di sensibilità, non esiste il portatore di un verbo universale (per quello bisogna rivolgersi oltre Tevere, ma non è il mio ambito), ma occorre ricordare come il nostro sia un popolo straordinariamente composito, e noi dobbiamo farcene interpreti e mediatori, perché tutti siano rappresentati.

Sono convinto che la costruzione di un grande partito di centrodestra sia ancora possibile, sulla scorta dei grandi partiti europei, con una chiara collocazione nel P.P.E. Cercherei di mantenerlo il più movimentista possibile, non certo per rincorrere Grillo, ma perché le pesantissime strutture dei partiti novecenteschi non sono più sostenibili (e nemmeno auspicabili). Un movimento quindi, ma con delle gerarchie ben definite. Occorrono persone che sappiano assumersi le proprie responsabilità a viso aperto, lasciare che "tutti decidano esprimendosi in rete" non significa nulla, come si può pensare di formare una classe dirigente che sappia guidare un comune, una regione, uno stato, se la responsabilità è sempre collettiva (quindi di nessuno)? Chi ha doveri di governo, dopo aver ascoltato e sentito tutti, al momento della decisione è solo, e se non ha gli strumenti e la preparazione per affrontare queste situazioni non può pensare di guidare nemmeno un consiglio condominiale.

Abbiamo il dovere di creare una classe dirigente per l'Italia onesta, seria e preparata, ma per farlo occorre che i singoli vengano responsabilizzati e messi alla prova: saranno i risultati ad accertare la bontà delle loro proposte e la loro riconferma.

Il passato ci sia da insegnamento ma non ci divida, rivolgiamo il nostro sguardo al futuro: non posso accettare che la nostra Italia sia ridotta al marasma che è oggi, e penso di essere in buona compagnia.

Alziamo la testa, un'altra volta ancora, e non abbassiamola più, per non darci ancora dei coglioni.

martedì 5 febbraio 2013

Grillini da Prima Repubblica


"Con le nomine di Rapahel Rossi e Lorenzo Bagnacani avremo un'ENIA davvero a 5 stelle"

Questo il commento di Tommaso Lombardini, coordinatore provinciale di FLI e candidato alla Camera dei Deputati.

"E' interessante notare come, nella scelta degli uomini, i grillini si dimostrino enormemente simili ai partiti che si impegnano ad abbattere".

"Colpisce il nome di Baganacani, ultra sostenitore del porta a porta ai tempi di Pinuccia Montanari, nonché AD di Greenvision ambiente photo-solar, società appartenente al 100% a Greenvision Ambiente".

Precisa Lombardini: "Con il 51%, Greenvision, del cui CDA fa parte Walter Ganapini, è azionista di maggioranza di Ladurner Umwelt - Ambiente, a sua volta proprietaria al 100% di Idecom, la società che si occupò del costosissimo, e giustamente contestato, progetto di porta a porta, poi realizzato proprio da ENIA (oggi Iren)".

Il timore, secondo Lombardini, è che: "i grillini stiano ricostituendo il gruppo che aveva spalleggiato l'assai poco rimpianto assessore Pinuccia Montanari, che aveva imposto al comune di Reggio politiche ambientali assolutamente ideologiche e non tollerate dalla cittadinanza. Non vorrei", prosegue Lombardini, "che anche IREN venisse travolta da un'impostazione ideologica e chiusa a qualsiasi dialogo"-

Tutto questo: "nel silenzio connivente della politica, che non si rende conto di essere stata battuta, sul suo stesso terreno, proprio da quei grillini, che si autoproclamano innovatori ma che poi, alla prova dei fatti, si comportano esattamente come quelli che massacrano ogni giorno".

lunedì 4 febbraio 2013

La destra ed il mito della comunità

Siamo in campagna elettorale, ma sinceramente non ho voglia di parlarne, almeno non direttamente.
Fra i vari motivi della frammentazione della destra italiana, ne ho individuato uno molto particolare, probabilmente sconosciuto ai più, ma tuttavia illuminante: il mito della comunità.
Cosa sia una comunità è chiaro più o meno a tutti, ma quando si tratta di politica la questione diventa estremamente intrigante, e terribilmente seria.
La comunità è un rifugio per persone che condividono gli stessi ideali, una corazza contro le ingiustizie del mondo, un luogo di riposo e conforto, dove è sempre possibile trovare qualcuno che possa ascoltare, capire e proteggere.
La comunità diviene la fortezza di chi si batte contro il materialismo imperante e lotta per i propri ideali, è al contempo barriera frangiflutti e porto sicuro.
I legami che si stringono fra le persone che appartengono alla comunità vanno oltre l'amicizia, perché ciò che unisce non è il rapporto personale, ma il perseguimento di fini comuni.
Tutto questo, e molto altro, è la comunità.
Idealizzata, mitizzata, cantata, difesa e protetta.
Io stesso ne ho fatto parte, e sono stati anni felici.
Anni di lotte combattute pur nella certezza che la vittoria era quasi impossibile.
Anni di sogni, di speranze disilluse, di serate indimenticabili trascorse ad immaginare un mondo nuovo, un'Italia diversa, un'Europa dei popoli e delle nazioni.
Anni di goliardate, di sbronze memorabili, di commozione e fratellanza.
Anni in cui andavamo in piazza senza sapere se ce ne saremmo andati esattamente come eravamo arrivati.
Anni meravigliosi, indimenticabili.
Ma tutto quello che abbiamo fatto non ha cambiato in meglio la nostra Patria, e nemmeno la nostra città.
Non siamo stati in grado di andare oltre la comunità, di comprendere che gli ideali per i quali ci siamo sempre battuti sono più grandi di noi, della nostra comunità, per l'appunto.
Se si ama realmente l'Italia, si devono fare proposte che la possano rendere davvero la nazione che abbiamo sempre sognato, anche se ciò significa entrare in collisione con la comunità.
Per rendere grande il nostro paese, è necessario che al nostro fianco marcino persone che possano aiutarci concretamente nel raggiungere questo obbiettivo, e non importa se non fanno parte della comunità, se non hanno mai attaccato un manifesto, allestito un banchetto o distribuito un volantino.
Amare l'Italia significa cercare compagni di viaggio che condividano questo ideale, a prescindere dalla simpatia che possiamo nutrire per loro.
Una comunità può essere una risorsa straordinaria, ma quando diviene autoreferenziale - cosa che di solito accade senza che nessuno se ne accorga - può invece diventare un freno a nuove proposte ed al cambiamento; chi ne fa parte, in assoluta buona fede, si rivolge solo all'interno, dimenticandosi che per mutare la società non ci si può nutrire solo di ideali, splendidi ma che non riescono ad incidere sulla realtà.
Aveva ragione Rino Formica quando diceva che la politica è "sangue e merda" (e qualcuno aggiunse: "buttata nel ventilatore"): la poesia è bella, ma i cambiamenti si fanno in prosa (preferisco il "Cinque Maggio" ai "Promessi Sposi", ma l'italiano - inteso come lingua - deve più al romanzo che all'ode).
Se abbiamo valori saldi non dobbiamo temere di affrontare il mare aperto, perché dobbiamo sempre ricordarci che l'obbiettivo da raggiungere è l'approdo della nostra imbarcazione, mentre troppe volte abbiamo creduto che il viaggio fosse più importante della destinazione.

giovedì 10 novembre 2011

8.11.2011

Evidentemente novembre è il mese del destino...
Il 2.11.2005 mi sono laureato, l'8.11.2011 sono diventato avvocato (con qualche anno di ritardo sulla tabella di marcia, ma ci possiamo accontentare...).
A novembre se ne sono andate persone che avrei voluto dividessero con me questa gioia, ma spero che da lassù possano essere soddisfatte...!

sabato 15 ottobre 2011

Berlusconi al capolinea

Dall'ufficio stampa di FLI Reggio Emilia. "Ogni giorno in più di Berlusconi al Governo rappresenta un danno irreparabile per l'Italia". Questo il duro commento del coordinatore provinciale di FLI, Tommaso Lombardini, in seguito all'ultimo voto di fiducia ottenuto dal governo Berlusconi. "Visto che Berlusconi non vuole arrendersi all'evidenza, mi auguravo che il segretario del PDL potesse riportarlo a più miti consigli, invece Alfano, nella miglior tradizione cortigiana, non ha mosso un dito in questo senso ed, anzi, ha ribadito l'insostituibilità del premier." Lombardini è deluso da Alfano: "Avrebbe le credenziali per guidare un rinnovamento nel PDL, ma non riesce ad elaborare il concetto che un "no" detto a Silvio Berlusconi non rappresenta alto tradimento". Futuro e libertà, ormai da mesi, aveva messo in guardia la maggioranza, sempre più esigua, di governo: "Se Berlusconi ci avesse ascoltato, oggi l'Italia non sarebbe appesa ai mutevoli umori della Lega, dei responsabili, e di tutti quei parlamentari che, per garantire un solo voto, possono tenere in ostaggio un intero esecutivo". Secondo Lombardini, non può essere credibile nella guida del paese chiedendo nuovi sacrifici chi, fino ad un anno fa, negava l'esistenza stessa della crisi: "Per Berlusconi la crisi esisteva solo nei giornali di sinistra, e comunque era già stata superata: oggi le imprese ed i cittadini chiedono risposte dalla politica, ma in parlamento si discute di intercettazioni e di processo lungo (o breve, a seconda delle necessità)". Secondo Lombardini l'unica strada per uscire dall'impasse è quella delle dimissioni di Berlusconi e del voto in tempi rapidi: "Solo nuove elezioni, magari con un diverso sistema elettorale, possono smuovere questa situazione stagnante".